AUTORE
Les McCann
TITOLO DEL DISCO
«Never a Dull Moment: Live From Coast to Coast, 1966-1967»
ETICHETTA
Resonance
In apparenza spensierato, istintivo e allegramente pasticcione, il pianista di Lexington, Kentucky (ma californiano di lunga data), scomparso il 29 dicembre a 88 anni proprio mentre scrivevamo queste righe anche se inattivo dal 2002 per le conseguenze di un ictus, era un personaggio ben più complesso di quanto abbia sempre lasciato intendere la sua effervescente notorietà. Fatta eccezione per l’Italia, beninteso, dove è sempre stato ignorato, quando non sbeffeggiato, da una critica che amava tagliare a fette la cultura afro-americana disprezzando tutto ciò che aveva un vago sentore di «popolare». Del resto, il suo eclettismo era un comodissimo bersaglio su cui sparare ad alzo zero, anche se McCann non ha mai seguito pedissequamente i gusti del pubblico ma spesso li ha anticipati, muovendosi senza sforzo apparente dalla chiesa alla discoteca, se ci passate il paradosso, e cimentandosi praticamente in tutto ciò che gli passava per la testa: bop, hard bop, soul jazz, r&b, funk, big band, Africa, orchestre d’archi, elettronica, sovraincisioni e così via, non disdegnando nel frattempo di scoprire talenti destinati al successo planetario – da Lou Rawls a Roberta Flack, che devono a lui la loro affermazione – e neanche, già che c’era, di cantare in prima persona, come testimoniano alcuni dei suoi maggiori successi (da With These Hands a Compared to What). Va da sé che questa inusitata libertà creativa McCann poteva permettersela perché la sua musica è sempre stata una miniera d’oro per le etichette che lo avevano sotto contratto, dalla Pacific Jazz (che a suo tempo il pianista salvò praticamente da solo dalla bancarotta) fino alla Limelight e soprattutto all’Atlantic, che ebbe l’intuizione di associarlo per una decina d’anni a un produttore visionario come Joel Dorn. E, per quanto alcune delle sue sperimentazioni più ardite siano state registrate in studio proprio grazie all’assistenza di un Dorn per il quale la sala di incisione era uno strumento di totale e spesso folle creatività (come dimostra il suo parallelo lavoro sui dischi Atlantic di Roland Kirk), McCann era essenzialmente un animale da palcoscenico, là dove artista ed entertainer diventavano una cosa sola: e chi non ci crede può rendersene conto guardando il filmato della leggendaria esibi[1]zione di Montreux del 1969 assieme a Eddie Harris, dalla quale proviene la già citata Compared to What e che vede tra il pubblico anche una sbalordita Ella Fitzgerald. Questo triplo cd, che raccoglie 21 inediti da quattro serate del 1966 al Penthouse di Seattle (più un brano del 1963) e un set dell’anno seguente al Village Vanguard con l’implacabile walker Leroy Vinnegar al contrabbasso, rappresenta quindi come meglio non si potrebbe il lato più dinamico della poetica populista di McCann. Populista sì, ma con juicio, come avrebbe detto il manzoniano can[1]celliere Ferrer: anche nei momenti più estroversi McCann non sbraca mai, tiene sempre ben salde le re[1]dini delle esecuzioni e, anzi, a vol[1]te ne approfitta per svelare un lato riflessivo e meditativo non molto rappresentato su disco (vedi una Sunny dilatata oltre misura, quasi ipnotica nella sua insistita staticità). Un’uscita di grande interesse.
Conti
recensione pubblicata sul numero di gennaio 2024 della rivista Musica Jazz
DISTRIBUTORE
IRD
FORMAZIONE
Les McCann (p.), Stan Gilbert, Victor Gaskin, Leroy Vinnegar (cb.), Paul Humphrey, Tony Bazley, Frank Severino (batt.).
DATA REGISTRAZIONE
Seattle, 15-8-63, 27-1, 3-2 e 10-2-66; New York, 16-7-67.