Around Astor. Intervista a Marco Albonetti

Il sassofonista si esibirà con l'Orchestra Filarmonica Italiana al teatro Salieri di Legnago il 22 marzo (ore 20.45). Di seguito un breve estratto dell’intervista che sarà pubblicata prossimamente sulla rivista Musica Jazz.

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Quando ha imbracciato per la prima volta il sassofono e chi è stato il suo mentore?
Quando ero bambino andavo a scuola dalle suore: Il collegio che frequentavo si chiamava Santa Umiltà di Faenza. La mia maestra suonava il pianoforte e organizzava sempre una piccola orchestrina all’interno della classe dove si suonava la musica folk, il liscio, per intenderci. Un giorno venne a trovarci un maestro, che per fare una donazione lasciò alla scuola un sassofono e una tromba. Fu chiesto a tutti noi se ci sarebbe piaciuto suonare uno di quegli strumenti, e io ho alzato subito la mano per il sassofono. È stata una cosa assolutamente istintiva, perché ero attratto dalla forma dello strumento, questa forma a pipa. Poi naturalmente è iniziato a piacermi tantissimo anche il suono, forse perché è lo strumento che si avvicina di più alla voce umana, uno strumento molto versatile, si adatta al classico al jazz, al tango, alla musica pop.

Vorrei passare a parlare del suo progetto sulle musiche di Astor Piazzolla. Perché ha scelto Piazzolla e quando il compositore e musicista argentino è entrato a far parte della sua vita artistica?
Piazzolla entrò nella mia vita il 4 luglio del 1992. Alla televisione davano l’annuncio della morte di Astor Piazzolla e la Rai gli dedicò un tributo.  Fui catturato subito dalla sua musica. Oltre a incarnare i ritmi audaci del tango argentino, i brani originali di Piazzolla evocano le sue origini culturali e musicali italiane, le dissonanze del jazz e del klezmer diffuse nelle vie del Lower East Side di New York, dove viveva la sua famiglia negli anni ’20. La potenza di quelle note continua ad affascinarmi da quel giorno.

Quali criteri ha seguito per selezionare il materiale di Piazzolla da utilizzare nel suo progetto anche discografico «Romance del Diablo»? Grazie a Piazzolla il tango esce dalle milonghe per entrare nelle sale da concerto. Le sue innovazioni comprendono un linguaggio armonico più ricco, un ruolo defilato del cantante, l’eliminazione dei ballerini e di altri aspetti del «tango show», portando l’attenzione degli spettatori sulla musica. Viene così meno il ruolo di supporto al ballo. Piazzolla finirà per ottenere l’apprezzamento e la fama tanto desiderati nel mondo della musica classica, paradossalmente attraverso il tango, il suo tango! Ho cercato così di adattare la sua musica all’interpretazione del sassofono. Nel lavorare all’orchestrazione di questo progetto il mio obiettivo principale è stato quello di preservare il pensiero originario di Piazzolla. Ho trascritto per sax soprano quello che in origine era per bandoneón. Ho alternato brani noti alle Quattro stagioni di Buenos Aires che non erano state composte da eseguire come un unicum.

I suoi ultimi tre dischi li ha realizzati con altrettante orchestre. E’ solo una coincidenza, oppure l’orchestra è la formazione che predilige?
Il mio sogno è sempre stato quello di fare il solista con l’orchestra, in particolare con l’orchestra d’archi. Nel caso del disco Postcards from Italy mi sono orientato verso un tipo  di orchestrazione più cameristica, con pianoforte e sassofono soprano solista, discostandomi dalle versioni sinfoniche per le quali le colonne sonore erano state composte originariamente; l’obbiettivo era quello di realizzare un progetto agile, e che potesse anche valorizzare il suono versatile del saxofono soprano utilizzato al posto dello strumento solista originale, fosse esso un oboe, un clarinetto, un flauto o anche un corno inglese.

A suo avviso quali sono i sassofonisti che hanno contribuito in modo determinante allo sviluppo dello strumento?
Non mi sento di dare un nome che derivi da un determinato ambito musicale. Il sax si presta ad una continua evoluzione quindi posso dire per me è importante tanto il suono dei jazzisti Johnny Hodges, Charlie Parker, John Coltrane, Dave Samborn, Michael Brecker, Branford Marsalis, quanto i classici come Arno Bornkamp, Claude Delangle, Nobuya Sugawa, ma anche Kenny G e Fausto Papetti hanno sicuramente detto la loro.

Quali sono i suoi prossimi obiettivi e quali i suoi prossimi impegni?
Sono in programma una serie di concerti da solista con varie orchestre in Italia e all’estero e l’avvio di un nuovo progetto discografico sulla musica barocca.
Alceste Ayroldi

*L’intervista integrale sarà pubblicata prossimamente sulla rivista Musica Jazz

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