«L’île noire». Intervista a Fil Rouge Quintet

Parliamo con Maria Teresa Leonetti e Manuela Iori dell’ultimo lavoro discografico del quintetto Fil Rouge.

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Buongiorno a tutte. Inizierei… dall’inizio: perché Fil Rouge?
Manuela: Cercavamo un nome francese che avesse un bel suono, musicale, accattivante e che contenesse un colore… un colore caldo e sensuale come il rosso!
Maria Teresa: Sì, e anche un nome facile da ricordare per gli italofoni. Fil Rouge è un prestito linguistico che usiamo correntemente nella nostra lingua, è qualcosa che unisce elementi apparentemente diversi tra loro, proprio come accade nei nostri album. E poi, volevamo un nome che avesse anche un bel significato: una leggenda cinese narra infatti che ognuno di noi ha legato al proprio dito mignolo un filo che lo lega al proprio destino o alla persona amata. E questo dà una connotazione ancor più poetica al nome.

Come è nato il vostro progetto musicale e quali sono i vostri punti fermi, artisticamente parlando?
Manuela: Abbiamo iniziato la nostra collaborazione artistica più di dieci anni fa, inizialmente con un progetto di musica dal mondo e chanson française, e da lì l’idea di produrre qualcosa di nostro, prendendo ispirazione da quel materiale e dal repertorio di standard jazz. A me è sempre piaciuta la composizione ed i miei punti fermi sono la  sperimentazione, armonica e ritmica, e la contaminazione; si deve dar vita a qualcosa di nuovo, di personale e mai banale, ispirati e guidati dai grandi musicisti, di ogni genere e epoca. Ciò che fa da collante è l’elemento improvvisativo che non può mancare!
Maria Teresa: Per quanto mi riguarda, amo molto ascoltare musica da diverse parti del mondo e in diverse lingue. Inoltre, anche grazie ai miei studi di Lingua e Letteratura francese, ho avuto modo di leggere autori in lingua e ascoltare diversi interpreti e autori di chanson française. Giusto per citarne qualcuno in ambito musicale tra i miei preferiti: Édith Piaf, Dalida, Charles Aznavour, Jacques Brel, Nina Simone, Ella Fitzgerald e poi ancora Cesaria Evora, Souad Massi

Parliamo del quintetto: chi siete?
Manuela: Diciamo che io e Maria Teresa siamo l’anima del progetto; io compongo la musica e curo gli arrangiamenti, oltre ad essere la pianista del gruppo, mentre Maria Teresa è l’autrice dei testi e cantante. I nostri fantastici musicisti sono Charles Ferris alla tromba e flicorno, Michele Staino al contrabbasso ed Ettore Bonafè alla batteria e percussioni.
Maria Teresa: Ognuno di noi ha il suo percorso artistico, sia per formazione che per quanto riguarda le collaborazioni in vari ambiti musicali. Ed è proprio questa varietà di stili, studi e provenienza ad apportare ricchezza al suono di Fil Rouge.

E parliamo degli ospiti di questo disco: Javier Girotto e Badara Seck. Perché proprio loro?
Maria Teresa: Avevamo dei desideri molto ambiziosi per questo disco. Volevamo un grande nome in ambito jazz e un altro in ambito world, che potessero arricchire i nostri brani. Parlo, nel primo caso, di Tango romanesco, un tango in lingua romanesca per il quale non potevamo non invitare lui: il grande e gentilissimo maestro Javier Girotto. È stato davvero molto emozionante, dapprima quando ha accettato e poi quando ha suonato con noi. È stato incredibile averlo in sala di registrazione a suonare sulle note di Manuela e a dar ancor più forza poetica, con il suo solo, al mood malinconico del testo.
Badara Seck, il griot senegalese dalla voce potente è stato un altro grande onore. Lo chiamai per proporgli il brano, parlandogli dei contenuti. Il testo parla del viaggio in mare dei migranti che morendo vanno a popolare le città nascoste negli abissi, Les villes cachées, dove mi sono immaginata che possano ancora vivere e lottare per i propri diritti. Badara, dopo aver letto e ascoltato il brano, ha apprezzato e accolto con trasporto la proposta di intervenire col suo canto struggente in lingua wolof. È stato molto emozionante averlo con noi.

Cosa racconta «L’île noire»?
Maria Teresa: La nostra isola nera parla della condizione umana attraverso tante storie: l’isola rappresenta la solitudine dell’uomo ma anche il suo porto sicuro, il luogo dove salvare ciò che è meritevole di essere salvato. Al contempo l’isola è una parte di noi, se consideriamo l’essere umano composto da varie isole che ne rappresentano le varie parti e sfaccettature. Dunque l’isola unisce tutto questo, narrando storie differenti ma collegate tra loro da un unico fil rouge, la vita e la morte. Tutte queste storie sono accompagnate da arrangiamenti e melodie che ne esaltano la liricità e la capacità evocativa, anche se in realtà, spesso è nata prima la musica di Manuela e poi sono stati inseriti i miei testi in metrica, presi da pensieri o storie da me scritte in precedenza. Un connubio perfetto alla nostra maniera. Ma la genesi dei brani è un’altra storia.

Quali sono le vostre fonti di ispirazione?
Manuela: L’ispirazione musicale attinge a diverse fonti, proprio perchè è una commistione di sonorità e ritmiche: c’è sicuramente il contrabbassista Avishai Cohen di cui sono grande fan…da sempre subisco il fascino del contrabbasso e non a caso in diversi brani ha un ruolo da protagonista; poi c’è Mulatu Astatke e il suo Ethio Jazz; ci sono i grandi della musica classica: Mussorgsky e Chopin.
Ci sono poi tutte le ritmiche in tempi dispari che provengono dalla world music, soprattutto dall’Est Europa e dall’India, di cui anche il jazz più moderno fa un gran utilizzo.
Maria Teresa: A livello contenutistico posso dire che le storie da me narrate hanno tutte un fondo di verità. Parlano di persone realmente esistite o esistenti e delle loro vicende, chiaramente romanzate e talvolta trasformate in maniera simbolica e poetica. Mi viene in mente, per esempio, La sauterelle la piccola cavalletta abitata dall’anima di mia madre che non c’è più, oppure i 4 personaggi della Suite des promeneurs solitaires che camminano sulle nuvole aranciate dai colori della sera e le stesse Les villes cachées, città nascoste nelle profondità dei mari, abitate dai migranti che sono precipitati negli abissi. Più indirettamente i romanzi e le poesie da me lette negli ultimi anni, come quelli di Marguerite Yourcenar, Éric-Emmanuel Schmitt, Muriel Barbery, solo per citarne alcuni.

Parliamo delle belle illustrazioni che corredano l’album?
Maria Teresa: Le illustrazioni e la grafica del disco sono state curate dall’artista Zodanzo, amico e illustratore francese. Conoscevo da anni la persona, i suoi disegni e la sua sensibilità artistica, per questo ho creduto potesse essere la persona adatta a noi. Così ne ho parlato con Manuela e poi con lui, e alla fine abbiamo deciso di affidargli il lavoro. Volevamo delle immagini molto evocative e dense di significato, che rispecchiassero bene il messaggio del disco. E così è stato. Laurent, suo vero nome, ha disegnato tutto a mano, in bianco e nero. Ha preparato diverse bozze seguendo le nostre idee e sviluppandole a suo modo per trovare poi il focus grafico. In questo modo, è nata l’immagine della nostra isola nera. Una donna-isola, un corpo di donna che esce dalla roccia per abbracciare una piccola barchetta alla deriva. La donna simboleggia l’isola che salva tutto quello che merita di essere salvato al mondo. È una donna che abbraccia, protegge, in mezzo al mare apparentemente azzurro della vita. Tra i suoi capelli c’è della vegetazione rigogliosa e accanto su uno scoglio c’è una piccola cavalletta a farle compagnia, anche tra le pagine del booklet. Insomma le illustrazioni di Zodanzo racchiudono il messaggio del disco e per questo sono e gli siamo grate.

Qual è la vostra concezione della musica?
Manuela: La musica è il linguaggio che ho scelto per esprimermi in maniera totale, vera e sincera, senza mezzi termini. È colore ed emozione pura, capace di toccare tutte le nostre corde emotive e per me che compongo c’è la possibilità di stimolare e “punzecchiare” quelle degli altri! La cosa che amo della musica è l’assenza di confini e delimitazioni…potenzialmente tutto è possibile…ciò che guida il tutto è l’orecchio.
Maria Teresa: La musica è libertà di espressione, è cura, è sollievo e stimolo.. Attraverso gli strumenti, tra cui la voce, si può comunicare moltissimo del nostro mondo interiore mettendo la tecnica a servizio delle nostre emozioni. In questo modo canalizziamo e trasformiamo il tutto in emozione restituendola a chi ci ascolta. E quando questo accade e fa addirittura commuovere il pubblico, è meraviglioso, per entrambe le parti! Lo dico da ascoltatrice e da interprete. E poi, la musica è senza confini, non conosce alcuna barriera. Non dimentichiamocelo!

Quali sono i vostri obiettivi artistici?
Manuela: I nostri obiettivi artistici sono ambiziosi, come è giusto che sia quando si crede fermamente in un progetto.
Vogliamo portare la nostra musica nelle sale e nei festival italiani ed esteri, e secondo me il teatro è la location che più ci si addice.
Maria Teresa: Sicuramente quello di portare la nostra musica in giro per il mondo, partendo dall’Europa naturalmente. Il progetto Fil Rouge ha una vocazione estera per quanto riguarda le sonorità e le lingue utilizzate (italiano e francese). Al di fuori dell’Italia diciamo che è più “semplice” avere un pubblico attento e curioso nei confronti della nuova musica, ritenuta di nicchia. Culturalmente parlando c’è un’attitudine diversa e forse una curiosità maggiormente stimolata nei confronti di nuovi nomi. Questo però non significa che non suoneremo in Italia, anzi. Cercheremo di far viaggiare il più possibile la nostra musica in tutto lo stivale, naturalmente.

Quali sono i vostri prossimi progetti?
Maria Teresa: Attualmente stiamo preparando un nuovo spettacolo per i nostri concerti. Dal mese di marzo Badara Seck, ospite del disco, parteciperà ai nostri live in diversi brani del repertorio Fil Rouge, non solo al brano registrato in studio, e siamo molto emozionati per questo! Personalmente, avere un personaggio del suo calibro e una voce così evocativa al mio fianco sarà emozionante e commovente, e credo che lo sarà per tutti.

Invece, quali sono i vostri prossimi impegni?
Maria Teresa: A tal proposito possiamo annunciare la prossima data: il 1° marzo saremo al Teatro Lippi di Firenze. Si tratta della presentazione del disco insieme a uno degli ospiti speciali dell’album: Badara Seck, come dicevo prima. Per le altre date posso solo annunciare un tour estivo in nord Italia e altre ancora che verranno pubblicate via via.
Alceste Ayroldi

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