«Viaggiando». Intervista a Rosario Bonaccorso

434
Rosario Bonaccorso

«Viaggiando» è il nuovo album di Rosario Bonaccorso, pubblicato dalla Jando Music. Ne parliamo con lui.

Rosario, il tuo viaggio è nel Mediterraneo del mondo. E’ un’area che ha una marcia in più?
E’ un viaggio nel Mediterraneo del mondo, perché mi sento un uomo del Mediterraneo che naviga con la mente ed il corpo verso nuovi mari,  quei mari e  quei viaggi che han sempre fatto parte della mia vita.  Sono siciliano di nascita e poi ligure di adozione, grazie a mio padre e agli zii che navigavano fin da piccolo ho ascoltato  racconti di terre lontane,  di mari e di  genti diverse, in un mix che ha sicuramente  influenzato la mia adolescenza musicale e  che in seguito, con la passione per il jazz, è diventata una «unica espressione»  al di là di schemi e  stili. Ho scritto «Viaggiando» per raccontare alcune di queste storie.

Il viaggio è per te un tema fondamentale, tant’è che anche gli altri tuoi lavori discografici da leader seguono lo stesso soggetto. E’ vero che come musicista sei sempre in viaggio, ma mi sembra che questo tema sia a te caro, indipendentemente da questo fattore.
Il tema del viaggio mi è talmente caro che ho voluto dedicargli una trilogia di cui Viaggiando è l’ultimo episodio. Il viaggio ha segnato profondamente la mia vita professionale e privata che ho poi raccontato nei miei cd, i quali, anche se apparentemente diversi come concetto musicale vanno nella stessa direzione e mi appartengono profondamente.  In quest’ultimo, in Viaggiando, mi sono dedicato a rappresentare le forti emozioni vissute  «nei luoghi del mondo e  nei luoghi della mia anima»,  nel cd «In Cammino» ho scritto del  mio rapporto tra musica, spirito ed interiorità, (il mio cammino di artista e di uomo)  e nel primo cd  «Travel Notes» avevo messo in musica gli appunti di una vita conservati nel cassetto dei miei ricordi.

Le inflessioni latine pervadono il tuo lavoro: è questa la musica che meglio ti rappresenta?
Penso di essere fondamentalmente un musicista europeo che ama il  jazz e soprattutto aperto alle influenze di  tutta la musica che.. mi piace suonare ed ascoltare!   Le atmosfere sonore  di «Viaggiando» sono il frutto di un amore e di una ricerca che vivo da sempre, perché la musica brasilana mi ha catturato fin dalla giovinezza, ancor prima del jazz, che invece ho scoperto più tardi, solo quando ho abbracciato per la prima volta,  a ventidue anni, la mia  amata «contrabbassa».  Il suono che si ascolta in «Viaggiando» è esattamente quello che cercavo per queste composizioni, essenziale ma anche ricco e virtuoso, poi di nuovo  minimalista,  emozione pura, affidata ad un respiro o una nota, in tutto questo c’è il  senso di questo lavoro: è un viaggio tra le fotografie dei miei sentimenti.  Per questo, che è il terzo cd a mio nome, cercavo un suono diverso dai precedenti, speciale,  inusuale, un suono tutto mio ove riflettermi. Ma, anche se una certa inflessione latina ne pervade il suono, la cosa interessante è che non ho cercato quelle sonorità, sono arrivate spontaneamente. Ricordo che per descrivere ai miei compagni il mood sonoro che volevo, ho detto:  «… cerco una rosa, ma come risultato finale non vorrei vedere una rosa, vorrei che se ne  sentisse  il profumo…». Spero di essermi spiegato, in questo modo lascio a chi ascolta la scelta finale,  se vedere quella rosa o  sentirne il profumo.

Quasi inevitabile, quindi, la liaison con Roberto Taufic. Come vi siete conosciuti e quando avete deciso di collaborare insieme?
Ho la fortuna di essere il direttore artistico di un bellissimo festival del Jazz, il Percfest di Laigueglia, che fra l’altro nel 2015 compirà vent’anni. Al Percfest conobbi Roberto circa dieci anni fa,  perché  venne a suonare invitato nel gruppo di Gilson Silveira. Appena lo ascoltai fui colpito dalla sua sensibilità e sentii   che avremmo lavorato insieme e così è stato, in lui ho trovato un grande artista, colto, disponibile,   nonché un amico profondo, fare musica insieme è una vera gioia.

E’ la prima volta che assumi le vesti anche di cantante (con ottimi risultati, tra l’altro!). Era un tuo appetito già da tempo? La scelta dipende dal fatto che sei l’unico autore di musiche e testi?
Sono contento che il mio esperimento piaccia, grazie. Quando ho parlato col mio produttore, Giandomenico Ciaramella (Jando Music), della mia intenzione di inserire  una canzone all’interno di un cd  tutto musicale, si era anche pensato di invitare un ospite (un/una cantante),  ma  invece, dopo varie riflessioni e ripensamenti ho preso la decisione di rischiare personalmente con la mia voce e … sono contento di averlo fatto.   Oltre al brano Storto cantato col testo, in altri brani ho usato la voce come  fosse uno strumento, anche perché questa espressione appartiene alle mie corde espressive, ed è una passione che ho sempre esternato  nei concerti,  doppiando all’unisono i miei soli di basso.  Per dire tutta la verità..  il mio amore per il canto ha radici nella mia adolescenza musicale e risale ai primi anni Settanta, quando cantavo i brani dei Genesis, King Crimson, Led Zeppelin (basso elettrico e capelli lunghi!).

Corre l’obbligo di chiederti, a questo punto, chi è il tuo cantante preferito.
La lista è lunga, con la maturità i gusti sono cambiati e da molto tempo ormai amo  le cantanti e i cantanti che usano l’espressività più delle tecnica fine a se stessa, quelli che sento più vicini alle mie corde sono, solo per fare alcuni nomi: Shirley Horn, João Gilberto, Caetano Veloso, Chet Baker, Andy Bay

Tu, Roberto Taufic, Javier Girotto e Fabrizio Bosso. Perché proprio questa formazione?
Avevo bisogno di un suono particolare, che sì, avesse il profumo di terre d’oltremare, ma che non lo fosse del tutto lasciando aperte altre finestre musicali, cercavo anche  il fuoco di una passionalità di tipo argentina, però mischiata ad un certo minimalismo europeo, contaminato  da  sonorità jazz. Ecco perché ho scelto loro, sono  i compagni più adatti  per questo viaggio avventuroso e ricco di sfumature. Roberto, Javier e Fabrizio oltre ad essere artisti meravigliosi, aperti alla musica a 360°,  sono tre compagni di viaggio con cui ogni viaggio musicale diventa storia da raccontare. Sono convinto che quando si intraprende un viaggio,  più della meta,  sia importante scegliere con chi viaggerai!

Niente batteria, nessuna percussione e neanche l’ombra di un pianoforte. Era questo il suono che immaginavi quando hai scritto i brani, oppure c’è stato qualche cambiamento in corso d’opera?
Cercavo esattamente questo suono di gruppo, con un ritmo  che «rotola» anche senza l’ausilio delle percussioni ma che funziona solo con contrabbasso e chitarra.  In questo modo abbiamo creato quel movimento propulsivo, ma delicato alla stesso tempo, che pervade tutto il cd. Per me la melodia ha un grande valore, va colta quando nasce e la catturo molto spontaneamente, mai a tavolino.   Inoltre sono sempre stato attratto dalla cantabilità, è fondamentale nell’equilibrio della mia musica, così ho cercato questo effetto  anche nelle parti di improvvisazione. Quando espongo il tema  ai miei compagni, esso diventa  stimolo e provocazione per noi tutti, alla ricerca di una semplicità espressiva,  che come diceva un certo Leonardo Da Vinci: è il massimo della raffinatezza!

Tutte composizioni scritte in viaggio? Ce ne è una alla quale sei particolarmente legato?
Alcune  sono state scritte in viaggio, altre al risveglio da un sogno, dopo la lettura di un libro o dopo un giorno seduto davanti al mare. Per ognuna dei quattordici braniesiste una storia, una gioia, un dolore, una immagine forte, a volte un profumo o un volto di donna.  E così ad ogni ascolto il ricordo si riapre, rivivo il sentimento che ne ha provocato l’impulso compositivo e che mi lega  a tutti questi brani, perché sono una parte di me , una parte della mia vita e  del mio vissuto. Ora, se devo sceglierne una che amo particolarmente, allora  scelgo Mon Frère, perché è una ninna nanna scritta per mio fratello Naco  venti anni fa,  dopo la sua prematura morte.

Hai dovuto sacrificare qualcosa per esigenze di spazio?
Effettivamente abbiamo qualche brano che è rimasto fuori dal cd, per ora me li tengo cari, chissà che non nasca  una possibile prossima… limited edition ?

A.C.J.: la tua personale dedica ad Antonio Carlos Jobim. Cosa rappresenta per te?
Jobim è un genio del xx secolo, questo  è risaputo.  Io lo adoro, è stato e sarà un punto di riferimento su cui orientarsi. Lo potrei metaforicamente paragonare ad un faro, che nella notte ti fa intravedere un passaggio, quello stretto passaggio tra gli scogli che deve affrontare la nostra liricità prima  di arrivare al mare aperto della espressione.  Per chi conosce il lavoro di Jobim, in A.C.J.  si percepisce  la mia infatuazione  per lo sviluppo melodico «alla Jobim» e  per questo motivo ho deciso di far  suonare questo brano a Javier, in una forma vicina al tango, così facendo è come se avessi portato il vero Antonio Carlos a passeggio per le strade di Buenos Aires. A proposito: questo è esattamente quello che ho detto a Javier e Roberto prima di registrarla.

Song For My Father è dedicata solo a tuo padre o anche a Horace Silver?
Per quanto consideri Silver come un padre per tanti di noi jazzisti, Song For My Father è dedicata a mio padre, che è mancato l’anno scorso e al quale ho voluto dedicare tutto il cd.  Mio padre navigava, ha attraversato l’oceano centinaia di volte e involontariamente è responsabile del mio amore verso la musica brasiliana, perché portava dischi di quella musica popolare, così come portava a casa gli strumenti che poi avrebbero iniziato mio fratello alle percussioni.  Abbiamo cominciato a conoscerci profondamente solo dalla pensione in poi, così negli ultimi venti anni della sua vita ho avuto modo di comprendere le sue scelte, i suoi rimpianti e le sue gioie. La dedica è  anche un ringraziamento per avermi insegnato a non aver paura di  viaggiare…

Oltre alla musica latina, a ben sentire per te ha importanza moltissimo la tradizione jazzistica, e gli interventi di Fabrizio Bosso sottolineano questo aspetto. Dalla tradizione non si può prescindere?
Non si può prescindere! Penso che senza conoscere la storia non si può creare il futuro,  è uno dei nostri doveri morali ed etici conoscere la tradizione. Sia che si faccia l’artista o l’architetto si deve  conoscere la storia, in tutti i campi della vita è imprescindibile se vogliamo creare un futuro, altrimenti rischiamo di fare quel che è stato già fatto e ancor più grave, ne ripetiamo gli errori. A proposito di tradizione, poche settimane fa è mancato il grande Clark Terry, con il quale circa una ventina di anni fa ho avuto modo di suonare in tanti concerti. Ricordo quei momenti come delle piacevoli  iniezioni di tradizione e modernità, condite dal sorriso e dalla enorme gioia di divertirsi. Da lui e da tanti altri come lui, ho imparato qualcosa che ha a che fare col viaggio e col jazz che potrei sintetizzare con una citazione di Marcel Proust: «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi».  Per me questo è grande aforisma, che fa scoprire quanto  nel jazz si possa suonare un blues anche mille volte,  ed ogni volta scoprire in noi  qualcosa di nuovo, ma lo puoi fare solo se conosci la tradizione e la storia. Se si ascolta Buon volo, (che sarebbe la storia di un musicista di chorino  che entra per la prima volta in un jazz club  New York) Fabrizio  suona nel suo solo una piccola storia del jazz , passando in rassegna molti dei grandi trombettisti, pur mantenendo la sua forte personalità. Tradizione e modernità.

Rosario, trentacinque anni di carriera. Se dovessi fare un bilancio, come è andata? Soprattutto: è andata come ti immaginavi?
Sono felice per tutto quello che ho raggiunto ma  soprattutto perché mi sento ancora attivo e sempre alla ricerca per continuare ad esprimere la mia musica, ancor più da quando ho intrapreso la carriera di leader.  Sinceramente non ricordo cosa mi immaginavo quando ho cominciato,  ma so per certo che  ho  vissuto al cento per cento quello che mi succedeva o che facevo succedere.  Quando mi ripenso ragazzo, ad ascoltare e consumare  i dischi, per es: di Elvin Jones, Enrico Rava, Pat Metheny e poi anni dopo a ritrovarmici insieme sul palco:  beh,  è una sensazione bellissima, la vita finora mi ha voluto bene.  Devo dire che bisogna lavorare tanto sullo strumento e bisogna rischiare ancor di più, oltre ad avere anche un pochino di  fortuna. Qualcuno ha detto: «Il talento è un dono, ma il successo è un lavoro»  e  per andare avanti in questo nostro ambiente ci vuole tanto lavoro.  Inoltre voglio dire che ho sempre avuto fede nella musica  (alla fede ho dedicato un brano nel cd: «My Faith»). Avevo ventidue anni quando ho abbracciato il contrabbasso per la prima volta e impegnandomi ho raggiunto tante bellissime soddisfazioni, ascoltando la  mia fede per la musica e assecondando  il destino, che mi ha fatto incontrare tante persone meravigliose.

C’è da dire che hai atteso tanto prima di incidere da leader: il tuo primo album risale al 2009. Come mai?
Credo che ho atteso il tempo necessario, si dice che «le cose vanno come devono andare». Intorno ai miei quarant’anni  avevo avuto una pulsione molto forte di cominciare  come leader perché i tempi mi sembravano maturi e avevo già delle musiche pronte nel mio cassetto, ma in quegli anni ero sempre in tour, come sideman suonavo con Rava, con Di Battista, con tanti artisti americani  e altre collaborazioni europee, un turbinio di concerti e tournée , insomma le cose sono andate così: e ne sono contento!

Cosa è scritto nell’agenda di Rosario Bonaccorso?
Oltre a portare in “viaggio” il cd Viaggiando, magari cantando altri brani J ,  ho in agenda due nuovi gruppi di cui sono molto felice e con cui voglio registrare nel 2015!    il primo si chiama Romantically Yours  ed è un quartetto, con Dino Rubino, Enrico Zanisi e Dedè Ceccarelli. Per questo gruppo ho composto brani che sanno di  romantica poesia e di romantica passione tumultuosa. L’altro gruppo è un trio.. Follow the Ghost, e fra poco mi lancerò in questa nuova avventura con Rita Marcotulli e Bebo Ferra, sono curiosissimo di sentire quello che combineremo. Post scriptum: il titolo nasce da una storia pazzesca, che magari racconterò quando uscirà il disco.  Ho nell’agenda altre situazioni musicali a mio nome,  un gruppo con Girotto, Taufic e sei percussionisti ed alcune piccole formazioni,  tra cui un trio con Taufic e Maria Pia De Vito, un duo con Bebo Ferra e uno con Flavio Boltro. Insomma .. sempre Viaggiando !!!!

Alceste Ayroldi