«BLACKMAMBA» . INTERVISTA AD ARMANDA DESIDERY

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E’ da poco uscito «Blackmamba»  per la Fo(u)r Edition, il primo disco da leader di Armanda Desidery, pianista partenopea. Ne parliamo con lei. Il quartetto è completato da Giulio Martino ai sassofoni, Antonio De Luise al contrabbasso e Gianluca Brugnano alla batteria.

Armanda,  a ben sentire il suo ultimo lavoro si direbbe che lei è sì innamorata del jazz, ma anche della classica: mi sbaglio?

È proprio così, amo moltissimo la musica classica: del resto sono diplomata in pianoforte ed ho amato profondamente tutto il repertorio classico studiato per tanti anni.

È il suo primo disco da leader che arriva dopo diverse esperienze discografiche. Perché ha voluto attendere tanto?

Ho sentito che  adesso era il momento giusto per farlo; ho avvertito il bisogno di «memorizzare» attraverso questo disco, tutta una serie di emozioni ed il mio vissuto degli ultimi anni. Ho impiegato diverso tempo a selezionare i brani più rappresentativi e a creare un sound coerente e, per me, convincente.

Sembra proprio che sia una leader «illuminata»: di quelle che lascia spazio ai suoi sodali. Come è nato questo quartetto?

I musicisti che ho coinvolto in questo disco, oltre ad essere molto bravi, sono anche miei cari amici da tanto tempo. Ho sentito che noi quattro insieme avremmo  potuto creare il sound che avevo in mente . Ci siamo divertiti molto e ci sono stati anche momenti estremamente emozionanti durante la registrazione del disco. Quando c’è stima ed affetto tra colleghi e si riesce a creare un’atmosfera serena e piacevole , si suona anche meglio secondo me.

Perché ha ritenuto «Blackmamba» il brano più significativo del suo album tanto da riservargli il titolo?

Non è il brano in sé ad essere più significativo ma il senso stesso della composizione. Blackmamba rappresenta per me il superamento delle paure, dalle più insignificanti fino ad arrivare alla paura ancestrale della morte. Rappresenta il passaggio doloroso ed inevitabile che ci porta dall’adolescenza a una maturità diversa e una nuova consapevolezza di sé. Comunque  c’è sempre un lato molto autoironico in tutto quello che faccio o scrivo: non mi prendo mai sul serio fino in fondo.

Tra l’altro, sembra indicare un disco chinato al latin jazz, mentre non è assolutamente vero, perché il suo jazz ha una matrice molto europea. Quali sono i suoi riferimenti musicali?

Nel mio disco, l’unico riferimento al latin è presente solo in uno dei brani che è Frog’s Flight. Come giustamente ha detto, Blackmamba ha una sonorità che si avvicina più al jazz europeo. I miei riferimenti musicali sono tanti e diversissimi tra loro ; ci vorrebbe troppo tempo per elencarli tutti. Diciamo che da qualche anno sono letteralmente innamorata  di Brad Mehldau che reputo geniale ma, come ti dicevo, ascolto generi diversi e musicisti con caratteristiche talvolta anche opposte.

E’ vero che, comunque, la musica latinoamericana è nelle sue corde, vista la sua collaborazione con Ray Mantilla, con il gruppo colombiano Guayacan e il suo Afrocuban Trio.

La sonorità latin, afrocubana, è strettamente legata al ballo, anche quando si evolve in latin jazz. Mi attrae l’aspetto fisico, sensuale di questa musica. È impossibile non muoversi quando si suona o si ascolta il latin e poi trovo estremamente interessante l’aspetto ritmico. Gli incastri perfetti tra percussioni, basso e piano, sono meravigliosi!

Non ci sono standard: sono tutte sue composizioni. Se ne avesse inserito uno, quale sarebbe stato?

Difficile rispondere, ci sono tantissimi brani che amo molto. Da «vecchia sentimentale» quale sono, forse avrei inserito Moon River; amo questo brano da sempre, da quando ero ragazzina. Mia madre me lo cantava accompagnandosi con la chitarra, è un ricordo dolcissimo che ancora mi commuove.

Sembra proprio che lei tenga particolarmente a cuore la linea melodica-armonica. È sempre stato così oppure è cambiato qualcosa nella sua musica nel corso del tempo?

Penso che i cambiamenti siano inevitabili, nella vita come nella musica. Prima l’aspetto più  importante  e forse più presente nella mia musica era quello ritmico. Ho iniziato a studiare la batteria prima ancora di iniziare il pianoforte e questo mi ha condizionata moltissimo. Ho sempre pensato al pianoforte come incredibile strumento percussivo e ritmico e solo negli ultimi anni ho dato più spazio e importanza all’aspetto melodico ed armonico.

A proposito: come mai ha scelto di fare la musicista?

Mio padre era un  bravo musicista e mia madre un’ottima cantante; devo a loro la mia passione per la musica. Mi hanno sempre incoraggiata ed aiutata in questa difficile scelta. Ho respirato musica fin da piccolissima ed ho imparato le note prima dell’alfabeto. Credo che sia solo merito loro se oggi faccio la musicista.

Lei ha collaborato con Roberto De Simone in diverse opere teatrali. Questa esperienza quanto influenza la sua musica?
Lavorare col maestro De Simone è stata un’esperienza meravigliosa e penso che mi abbia fatto crescere moltissimo umanamente e musicalmente. Ho iniziato a suonare nelle sue opere a vent’ anni, appena diplomata. Ero completamente inesperta e molto timida. Ricordo che la sera della prima di Dedicato a Maria al teatro Olimpico di Roma, avevo talmente paura da volermene scappare via. Il maestro venne nel mio camerino, mi portò dei fiori e fu talmente affettuoso ed incoraggiante che entrai sul palco con tutt’altro spirito. Per fortuna andò bene e da quella sera ho iniziato a prendere coraggio e pian piano a creder in me e nelle mie capacità. Nel corso degli anni, in qualche momento di sconforto ho pensato: «Se ha creduto in me un grande musicista come De Simone, perché non devo crederci anche io?». Gli sarò eternamente grata per questo.

Impegni, idee e progetti futuri di Armanda Desidery.
Musica, musica ed ancora musica! Mi sto muovendo per suonare col mio quartetto e per suonare live tutti i brani contenuti in «Blackmamba». Come dicevo, mi piacerebbe anche poter inserire qualche ospite, per creare sonorità diverse. Contemporaneamente sto portando avanti il mio Afrocuban Trio e prevedo di registrare un disco in tempi non troppo lunghi. Ho tante idee, tanti sogni: se solo riuscissi a realizzarne la metà, sarei una donna felice… ma in fondo lo sono già, anche così.

Alceste Ayroldi

Foto di copertina di A. Finelli